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lunedì 11 marzo 2013

In attesa della morte


Cultura e Società Salute e Ambiente
Un paese alla deriva non si osserva considerando solo la povertà dilagante, la disoccupazione o i debiti personali. Il disagio sociale si guarda anche da come vivono i vecchi negli ospizi lagher, tra l’altro abusivi. Siamo sempre più americani, loro nascondono e ignorano i senza tetto sparsi per strada, vivacchiano come intossicati cronici dalla cultura capitalista, la malattia imperante con l’aggiunta di un egoismo predominante, per non dire vincente.

Una casa per anziani abusiva è stata scoperta e chiusa dai carabinieri della compagnia di Mondragone (Caserta) a Castel Volturno, priva di riscaldamento e condizioni igenico-sanitarie da brividi, alcuni di essi affetti da problemi psichici. Questo ospizio ospitava 18 poveri vecchietti, messi ai margini da un sistema passivo e ingordo. Certo, siamo tutti profumati e abbiamo i guanti bianchi, non possiamo soffrire anche per la mamma e per il nonno.

Questa triste storia non è la sola: l’anno scorso, in Liguria, precisamente a Sanremo, quel posto dove una volta l’anno si radunano cantanti e si esibisce il lusso, venne scoperta una casa di riposo lager, appartenente alla Fondazione Borea, dove gli anziani ricoverati venivano maltrattati e vessati in ogni modo.



Nel napoletano, notizia di pochi giorni fa, sono stati messi sotto sequestro tre ospizi lagher, 150 degenti abbandonati a se stessi o picchiati. Due ospiti con problemi psichici trovati morti. Sofferenti, smagriti, soli e abbandonati, in attesa della morte. Questa è l’Italia difficile da guardare perché è la faccia stessa dell’ipocrisia che ostentiamo, di quel perbenismo di facciata dove le preghiere per un dio inventato, servono a colmare sensi di colpa strazianti. Anziani seviziati e picchiati, altri trovati in stato confusionale nelle metropoli della vergogna, alcuni che rimangono a casa per anni, perchè non hanno nessuno, ma con nipoti al seguito almeno una volta al mese, giusto il giorno della pensione come premio alla loro assenza.

Il paese che tratta la sua storia e le sue origini in questo modo è cancerogeno. In passato sono stati sequestrati reparti di psichiatria, strutture fatiscenti dove si lasciavano morire gli anziani, alcuni anche assiderati, e quelli più chiassosi piazzati negli scantinati bui. In attesa spasmodica della morte, come soluzione di ogni guaio, lasciandosi andare in quel mondo migliore, in quel mondo “dove nessun viaggiatore ritorna” per dirla alla Shakespeare, mentre ci affasciniamo al desueto e avvezziamo i nostri figli al grigiore della tv, ai giochi della playstation, con panini del mc donald tra le mani. Privare i propri figli dei nonni è un reato che non osiamo condannare per una cultura smodatamente egocentrica.

Per finire e non assillare le menti impegnate, voglio raccontarvi una storia. Tanti anni fa, un parroco della zona mi propose di scrivere una commedia teatrale, qualcosa di simpatico da proporre all’ospizio comunale della mia città. All’inizio rimasi perplesso, sia perché difficilmente quel prete osava parlarmi da tempo per via del mio colore politico, sia perché non avevo mai scritto testi teatrali, sia perché mi disse che avrei dovuto preparare tutto in un mese, in modo che per il 31 dicembre del 98 tutto fosse pronto. A dirla tutta, accettai per non avere sensi di colpa, in fondo avrei solo scritto e passato il copione, nessuno esigeva la mia presenza e, poi, avrei potuto festeggiare altrove tranquillamente, con la coscienza a posto e orgoglioso del contributo. Consegnai il lavoro in tempo ad un certo Franco, un meccanico di periferia, con lui c’erano altri soggetti scapigliati e anticonformisti, non proprio belli, non proprio attori, ma con l’energia e l’ardore di adoperarsi anima e corpo per regalare un giorno di sorriso agli anziani. Per più di un mese, dopo aver finito le mie otto ore di lavoro, passavo all’ospizio a vedere le prove e mi fermavo a parlare con gli anziani. Senza allungare oltremodo, voglio dire che quello è stato il capodanno più bello che io ricordi. Restando con essi, ho ascoltato mille storie, un po’ come se avessi letto mille libri, a loro bastava li ascoltassi un po’, non mi hanno mai chiesto nulla, tranne qualcuno a cui ho regalato sigarette e qualche bicchiere di rosso, di nascosto. Non li passavo solo a loro, ma a quel vecchio che rimarrà di me.

Non ho fatto molto, forse niente, forse solo un’azione per ripulirmi la coscienza, ma tutto questo ha cambiato la mia vita in meglio.

Fonte: http://bellaciao.org/it/spip.php?article32766
Link: http://vololibero-nonvogliomicalaluna.blogspot.it/2013/03/in-attesa-della-morte.html


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